“Il gruppo fornisce il contesto in cui si realizzano la socializzazione e la formazione lo sviluppo della personalità. Senza il gruppo l’individuo non può emergere dalla massa dell’umanità e senza l’individuo il gruppo è solo un’altra massa amorfa di materia vivente” (Benson, 2009).
Perchè dovrei partecipare al gruppo di crescita?
Il nostro obiettivo è fornirvi uno spazio protetto, in cui esprimere liberamente sentimenti e vissuti, in cui scoprire parti della vostra personalità sommerse e in cui prendere consapevolezza delle dinamiche con “l’altro”.
Ascoltando gli altri, ascolterete voi stessi e le vostre emozioni. Nel gruppo avrete la possibilità di osservare e comprendere meglio le vostre modalità relazionali, potrete dedicarvi del tempo e prendervi cura di voi stessi e scoprire modi di comunicare con gli altri in modo efficace.
Qual è lo scopo del gruppo?
Lo scopo è il raggiungimento di una maggiore consapevolezza delle dinamiche interne e delle risorse personali e interpersonali, per migliorare la qualità della propria vita e delle proprie relazioni.
Come funziona?
Ogni partecipante ha l’opportunità, se lo desidera, di effettuare un proprio lavoro individuale all’interno del gruppo; nel corso di tale lavoro esplorativo la persona è supportata dal conduttore e può avvalersi della collaborazione degli altri componenti che, se vogliono, possono accettare dietro richiesta di contribuire al lavoro.
Qual è la durata e la frequenza del gruppo?
Gli incontri di gruppo avranno una durata di 2 ore e cadenza quindicinale secondo un calendario prestabilito.
Un ciclo di dieci incontri dedicati a all’esplorazione di se stessi e all’incontro con l’altro attraverso il gioco e la creatività.
A partire da un viaggio orientato alla ricerca dei propri confini nelle relazioni, si passerà per laboratori orientati alla ricerca e rappresentazione del proprio io e alla la ricostruzione della propria storia attraverso l’espressione creativa delle emozioni, l’incontro con l’altro e il contatto con se stessi.
Strumenti psicologici vi faranno da guida lungo questo percorso e io e la mia collega accompageremo con delicatezza e professionalità ogni partecipante attraverso l’esplorazione di se e delle proprie relazioni.
“La creatività è contagiosa. Trasmettila!” A. Einstein
Gli incontri saranno condotti dalle psicologhe
Dott.ssa Antonella Giallonardo
Dott.ssa Anna filoni
I workshop si terranno presso la Casa della Pace in via di Monte Testaccio, 22 il sabato mattinadalle ore 10 alle ore 13 a cadenza quindicinale.
Calendario eventi
20 ottobre
17 novembre
15 dicembre
19 gennaio
16 febbraio
16 marzo
13 aprile
18 maggio
15 giugno
13 luglio
“Come si riconosce un “bravo” psicologo, che possa aiutarmi davvero?”
Spesso mi capita di sentire persone che pongono questa domanda, tuttavia il fattore che più di altri, rende efficace una psicoterapia, è la relazione terapeutica.
Fattore totalmente soggettivo, che va oltre ogni competenza ma che è frutto di un insieme di competenze, caratteristiche e assiomi che rendono il percorso terapeutico efficace.
Ecco le caratteristiche che è importante che abbia un “bravo” psicologo:
Empatia
Professionalità
Ottime capacità di ascolto e di osservazione
Totale presenza
Autenticità
Assenza di giudizio
E’ importante che lo psicologo/a che vi ha in carico, lavori insieme a voi, per voi, alla ricerca degli obiettivi da raggiungere. Citando la psicologa Rachel L. Hutt: “Un buon terapeuta non dice ad un giovane che ha bisogno di tornare a scuola piuttosto egli lavora con il suo cliente per capire se frequentare e completare la scuola è veramente il suo obiettivo o se è necessario per poter raggiungere le aspirazioni future.”
Un bravo psicologo ha sempre a mente che:
“il cliente alla fine, è l’unico che sa cosa è meglio per lui/lei ma potrebbe avere bisogno di aiuto per arrivarvi.”, Dr.ssa Hutt.
E’ dunque importante che un bravo psicologo/a aiuti il cliente a conoscere e riconoscere le proprie risorse e a mobilitarle al meglio quando necessario, senza mai sostituirsi a lui/lei.
Un bravo psicologo/a sa cogliere le sfide dei propri clienti mantenendo la tranquillità e lucidità che solo la preparazione, la formazione e il percorso psicoterapeutico da lui stesso intrapreso, possono garantirgli, anche nelle situazioni più complesse. Allo stesso tempo è in grado di accogliere il cliente, di empatizzare con il suo stato d’animo e di lanciare egli stesso delle sfide al cliente, aiutandolo, poi, nella ricerca delle competenze necessarie a vincere tali sfide, ad ottenere il cambiamento se questo è desiderato, a raggiungere gli obiettivi ambiti.
E allora, come si riconosce un bravo Psicologo?
Un bravo psicologo mostra autenticità al cliente, trasparenza ed è esente da giudizi di ogni tipo, esprimendo accettazione incondizionata positiva, affinché il cliente possa essere egli stesso capace di comprendersi, di accettarsi, di assumere dei comportamenti che migliorano la sua esistenza e sarà, allora, più capace di avere relazioni costruttive con il mondo sociale. Inoltre crescerà così il potere personale e l’autostima del cliente. (Giusti E.)
Bibliografia e sitografia:
www.PsychCentral.com
www.psicologi-italiani.it
Giusti E., Pagani A., Il counselling psicologico, assessment e interventi basati sulla ricerca scientifica, 2014
Marina Abramovic’, protagonista di una performance atipica, sui generis, ma “forte”, tanto da far accapponare la pelle!
La pelle di chi?
Di chi avverte, già solo guardando la performance dell’artista, attraverso uno schermo, che la prima pelle ad accapponarsi è proprio quella di Marina Abramovic.
Eh si, perché, a volte, osservare, “sentire”, un’emozione altrui fa risuonare dentro quella stessa emozione. Risuona a modo proprio certo, con un’intensità proporzionale al proprio coinvolgimento.
Quell’emozione, diventa un po’ anche tua. E non è solo dettata dall’anima. È dettata dal grande capo: il cervello, dalla danza dei suoi soldatini: i neuroni, e risuona poi in tutto il corpo, con grandi o piccole vibrazioni. Ma risuona, questo è certo.
Marina Abramovic
Artista controversa di origini jugoslave. Il suo lavoro, non a caso, esplora la relazione tra artista e pubblico, i limiti del corpo e le possibilità della mente.
Nel 2010, durante una performance a Moma, il suo cuore ha vibrato forte.
Il suo.
Il mio.
Quello di chi era lì ad osservarla dal vivo.
Quello di chi ha osservato quella performance, quel momento attraverso uno schermo.
Marina Abramovic sedeva in silenzio per un minuto consecutivo davanti a sconosciuti.
Lo ha fatto per 3 mesi consecutivi. Non una parola, non un gesto con il volto. Poi è arrivato Ulay, artista anche lui, che 30 anni prima visse con la Abramović una intensa e indimenticabile storia d’amore. Quel sentimento è emerso in un minuto infinito, carico di emozioni.
Il loro incontro, in questo video, è un uragano di sentimenti. Un uragano che turba anche chi lo osserva da lontano.
Una sera quell’uragano ha turbato anche me. Quando, nel bel mezzo della mia splendida vacanza, mi sentivo assolutamente imperturbabile. Ma…..all’empatia non si comanda!
“Empatia”- opera d'arte di Angiloy
En: dentro-pathos: sentimento
Empatia, tutti ne parlano, in pochi la riconoscono.
Si fonde perfettamente con il proprio essere, e si rischia di lasciarsi trascinare da essa al di là dei confini della propria persona.
Io ho imparato a riconoscerla, o meglio provo a farlo ogni giorno; per il mio bene, per il bene del mio essere una brava psicologa e migliorare sempre, per il bene dei miei pazienti.
Per evitare che il loro dolore, le loro paure, le loro gioie diventino le mie; affinchè io, piuttosto le possa riconoscere, comprendere e contenere, aiutando i miei pazienti e dando loro il tempo di elaborarle, “masticarle”, farle proprie come limiti superabili piuttosto che come ostacoli insormontabili.
L’empatia l’ho riconosciuta in me anche quella sera, osservando il video di Marina Abramovic.
Partecipando a quell’uragano di sentimenti, emozioni, di dolore misto a gioia, di malinconia, di amore finito ma infinito.
L’empatia è proprio la misteriosa facoltà che ci permette di partecipare alla gioia e al dolore altrui.
I neuroni specchio
L’esistenza dei neuroni specchio è stata rilevata per la prima volta verso la metà degli anni ’90 da Giacomo Rizzolatti e colleghi presso il dipartimento di neuroscienze dell’Università di Parma. Utilizzando come soggetti sperimentali dei macachi, questi ricercatori osservarono che alcuni gruppi di neuroni si attivavano non solo quando gli animali erano intenti a determinate azioni, ma anche quando guardavano qualcun altro compiere le stesse azioni.
Studi successivi, effettuati con tecniche non invasive, hanno dimostrato l’esistenza di sistemi simili anche negli uomini. Anche il riconoscimento delle emozioni sembra poggiare su un insieme di circuiti neurali che, per quanto differenti, condividono quella proprietà “specchio” già rilevata nel caso della comprensione delle azioni.
Sembra quindi che una varietà di differenti sistemi “mirror” siano presenti nel nostro cervello.
“Ogni relazione interpersonale significante implica, infatti, la condivisione di una molteplicità di stati: le emozioni, il nostro essere soggetti al dolore così come alle altre sensazioni somatiche” (Gallese, Carassa, Galderisi, Geminiani, 2002).
A questo punto risulta evidente la centralità che l’empatia riveste nella professione di psicologo, al quale viene chiesto di comprendere lo stato d’animo e la situazione emotiva di un’altra persona ancor prima di far ricorso alla comunicazione verbale.
L’empatia, come specifica Rogers è la comprensione della persona in un clima non giudicante, che si realizza immergendosi nella sua soggettività, senza però fondersi completamente con lui, in caso contrario si avrebbe una semplice identificazione che ne comprometterebbe la comprensione.
Io, psicologa alle prima armi, psicoterapeuta in formazione, ho fatto dell’empatia la mia “risorsa chiave”.
L’ho scoperto quando ho sentito dentro le emozioni dei miei pazienti, pur mantenendo sempre definiti i miei confini.
Quando il loro sguardo rispecchiandosi nel mio e il mio nel loro, ha dato il via ad uno scambio emozionale e alla nascita di quella che si può definire una buona alleanza terapeutica.
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Bibliografia:
Gallese V., Dai neuroni specchio alla consonanza intenzionale: meccanismi neurofisiologici dell’intersoggettività, Rivista di Psicoanalisi, 2007, LIII, 1, p. 197-208
Gallese V., Mignone P., Eagle M.N., (2006). La simulazione incarnata: neuroni specchio,le basi neurofisiologiche dell’intersoggettività e alcune implicazioni per la psiconalisi
Rogers C., La terapia centrata sul cliente, Martinelli, Firenze, 1970, p.121.